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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) presentato alla Commissione europea parla in diversi capitoli di biometano, determinando uno scenario del tutto nuovo che apre a importanti sviluppi della filiera.
L’Investimento 3.2 del Piano (Green Communities) intende favorire la nascita e la crescita di comunità locali, anche tra loro coordinate e/o associate, attraverso il supporto all’elaborazione, il finanziamento e la realizzazione di piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale.
Le forze in campo e i finanziamenti si concentreranno su 30 Green Communities italiane con lo scopo, tra gli altri, di una gestione integrata e certificata del patrimonio agro-forestale, dell’efficienza energetica e dell’integrazione intelligente degli impianti e delle reti, della produzione di energia da fonti rinnovabili locali, quali i microimpianti idroelettrici, le biomasse, il biogas, l’eolico, la cogenerazione e il biometano.
Il biometano è chiamato in gioco anche quando il Piano nazionale parla di sviluppo sostenibile delle attività produttive (zero waste production) e dell’integrazione dei servizi di mobilità, nonché dello sviluppo di un modello di azienda agricola sostenibile.
La premessa per questa attenzione al biometano risiede principalmente negli obiettivi posti dall’Accordo di Parigi, con il quale i Paesi di tutto il mondo si sono impegnati a limitare il riscaldamento globale a 2°C , facendo il possibile per limitarlo a 1,5° C, rispetto ai livelli preindustriali. Per raggiungere questo obiettivo, l’Unione Europea attraverso lo European Green Deal (COM/2019/640 final) ha definito nuovi obiettivi energetici e climatici estremamente ambiziosi che richiederanno la riduzione dei gas climalteranti (Green House Gases, GHG) al 55 per cento nel 2030 e alla neutralità climatica nel 2050. La Comunicazione è in via di traduzione legislativa nel pacchetto “Fit for 55” ed è stato anticipato dalla Energy transition strategy, con la quale le misure contenute nel PNRR italiano sono coerenti.
L’Italia è stato uno dei Paesi pionieri e promotori delle politiche di decarbonizzazione, lanciando numerose misure che hanno stimolato investimenti importanti (si pensi alle politiche a favore dello sviluppo rinnovabili o dell’efficienza energetica). Il PNIEC in vigore, attualmente in fase di aggiornamento (e rafforzamento) per riflettere il nuovo livello di ambizione definito in ambito europeo, così come la Strategia di Lungo Termine già forniscono un importante inquadramento strategico per l’evoluzione del sistema, con il quale le misure di questa Componente sono in piena coerenza.
Nell’ultimo trentennio le emissioni totali di gas serra in Italia si sono ridotte del 19% (Total CO2 equivalent emissions without land use, land-use change and forestry), passando da 519 Mt CO2eq a 418 Mt CO2eq. Di queste le emissioni del settore delle industrie energetiche rappresentano circa il 22%, quelle delle industrie manifatturiere il 12% con riferimento ai consumi energetici e il l’8% con riferimento ai processi industriali, quelle dei trasporti il 25%, mentre quelle del civile (residenziale, servizi e consumi energetici agricoltura) rappresentano il 19% circa. Non vanno peraltro trascurate le emissioni prodotte dai rifiuti (4%) e quelle prodotte da coltivazioni ed allevamenti (7%).
Gli obiettivi fissati per il 2030 e per il 2050 sono ancora molto lontani.
Proprio per questo motivo il PNRR affronta con decisione l’argomento biometano, prospettando una vera e propria svolta nelle politiche di sostegno a questo biocarburante.
In linea generale tutte le energie rinnovabili sono oggetto del Piano nazionale, con la prospettiva di un deciso aumento della quote rispetto a quelle da fonte fossile.
L’attuale target italiano per il 2030 è pari al 30 per cento dei consumi finali, rispetto al 20 per cento stimato preliminarmente per il 2020. Per raggiungere questo obiettivo l’Italia può fare leva sull’abbondanza di risorsa rinnovabile a disposizione e su tecnologie prevalentemente mature, nei seguenti modi:
a) sbloccando il potenziale di impianti utility-scale, in molti casi già competitivi in termini di costo rispetto alle fonti fossili ma che richiedono in primis riforme dei meccanismi autorizzativi e delle regole di mercato per raggiungere il pieno potenziale
b) valorizzando lo sviluppo di opportunità agro-voltaiche
c) accelerando lo sviluppo di comunità energetiche e sistemi distribuiti di piccola taglia, particolarmente rilevanti in un Paese che sconta molte limitazioni nella disponibilità e utilizzo di grandi terreni ai fini energetici
d) incoraggiando lo sviluppo di soluzioni innovative, incluse soluzioni integrate e offshore
e) rafforzando lo sviluppo del biometano.
L’Investimento 1.4 del PNRR: Sviluppo biometano
Lo sviluppo del biometano, si legge nel Piano, ottenuto massimizzando il recupero energetico dei residui organici, è strategico per il potenziamento di un’economia circolare basata sul riutilizzo ed è un elemento rilevante per il raggiungimento dei target di decarbonizzazione europei. Se veicolato nella rete gas, il biometano può contribuire al raggiungimento dei target al 2030 con un risparmio complessivo di gas a effetto serra rispetto al ciclo vita del metano fossile tra l’80 e l’85 per cento.
La linea di investimento si pone l’obiettivo di:
i) riconvertire e migliorare l’efficienza degli impianti biogas agricoli esistenti verso la produzione totale o parziale di biometano da utilizzare sia nel settore del riscaldamento e raffrescamento industriale e residenziale sia nei settori terziario e dei trasporti
ii) supportare la realizzazione di nuovi impianti per la produzione di biometano (attraverso un contributo del 40 per cento dell’investimento), sempre con le stesse destinazioni
iii) promuovere la diffusione di pratiche ecologiche nella fase di produzione del biogas (siti di lavorazione minima del suolo, sistemi innovativi a basse emissioni per la distribuzione del digestato) per ridurre l’uso di fertilizzanti sintetici e aumentare l’approvvigionamento di materia organica nei suoli, e creare poli consortili per il trattamento centralizzato di digestati ed effluenti con produzione di fertilizzanti di origine organica
iv) promuovere la sostituzione di veicoli meccanici obsoleti e a bassa efficienza con veicoli alimentati a metano/biometano
v) migliorare l’efficienza in termini di utilizzo di calore e riduzione delle emissioni di impianti agricoli di piccola scala esistenti per i quali non è possibile accedere alle misure di riconversione.
Attraverso questo intervento sarà possibile incrementare la potenza di biometano da riconversione da destinare al greening della rete gas pari a circa 2,3-2,5 miliardi di metri cubi.
Sempre nel PNRR si legge ancora che per rendere efficace l’implementazione di questi interventi nei tempi previsti, e più in generale per abilitare lo sviluppo di impianti rinnovabili in linea con i target nazionali, saranno introdotte due riforme fondamentali, una delle quali è la seguente:
Riforma 1.2: Nuova normativa per la promozione della produzione e del consumo di gas rinnovabile
La riforma intende promuovere, in coordinamento con gli strumenti esistenti per lo sviluppo del biometano nel settore dei trasporti, la produzione e l’utilizzo del biometano anche in altri settori, e nello specifico amplia la possibilità di riconversione degli impianti esistenti nel settore agricolo.
La riforma si compone di un decreto legislativo attuativo della RED II (o una diversa normativa primaria) che istituirà un meccanismo atto a promuovere la produzione e il consumo di gas rinnovabile in Italia (esclusi gli usi termoelettrici). Successivamente, tramite decreto emesso dal MiTE saranno stabilire condizioni, criteri e modi di attuazione del sistema di promozione della produzione e del consumo di biometano nei settori industriale, terziario e residenziale. La legislazione primaria sarà emanata entro la metà del 2021, seguita dal decreto attuativo entro fine anno. Nel 2022 inizieranno le riconversioni che entreranno gradualmente in funzione.
Ci sembrano rilevanti i seguenti aspetti di questa ipotesi di sostegno del biometano:
1) nuovo sostegno del 40% per i costi di investimento, non solo per uso autotrasporto ma anche per gli usi nell’industria, nel terziario e nel residenziale
2) il sostegno alla produzione di biometano sarà rivolto non solo all’uso come biocarburante nell’autotrasporto, ma anche in altri settori, come l’industriale, il terziario e il residenziale
3) miglioramento dell’efficienza degli impianti di biogas agricoli esistenti (sono quasi 2.000 in Italia)
4) creazione di poli consortili per il trattamento del digestato derivante dagli impianti di produzione di biometano
5) ricerca e sviluppo di veicoli alimentati a biometano.
Sostegno finanziario al biometano
Vediamo i possibili scenari derivanti dall’ipotesi riportata al punto 1 (sostegno del 40% per i costi di investimento).
Questa novità è a nostro avviso la più rilevante, in quanto supera definitivamente e in maniera decisa le limitazioni attualmente imposti dalla normativa biometano (DM 2 marzo 2018) al possibile utilizzo di altri incentivi pubblici per gli investimenti in un impianto.
Come è ben noto, qualora la proprietà di un impianto fosse di un’impresa non agricola, la possibilità di ottenere altri incentivi (oltre ai CIC) è attualmente limitata alle sezioni di impianto al di fuori del ‘perimetro’ (del perimetro fanno parte sia la sezione di digestione anaerobica sia l’upgrading). Per le sole imprese agricole è consentito di godere di altri incentivi anche su queste due sezioni altrimenti escluse.
Gli strumenti di finanziamento pubblico attualmente disponibili tuttavia, anche quando cumulabili con i CIC, molto spesso non sono attraenti per una serie di motivazioni. Riportiamo qui le principali:
• se gli incentivi sono erogati nella forma di contributi in conto impianti e/o di finanziamenti agevolati a tasso quasi zero (es: contratti di sviluppo), sono soggetti ad una procedura valutativa spesso lunga e non coincidente con i tempi di realizzazione di un impianto
• se gli incentivi sono erogati nella forma di crediti di imposta (es: bonus investimenti sud, credito di imposta beni strumentali), pur trattandosi di procedura automatiche ‘veloci’, sono acquisibili solamente al termine della realizzazione dell’impianto e pertanto non possono costituire coperture finanziarie degli investimenti.
La nostra proposta: il bonus biometano
Lo strumento normativo che potrebbe costituire un importante volano alla realizzazione degli investimenti nella filiera del biometano, per essere attraente ed efficace, deve unire le caratteristiche proprie della procedura ‘automatica’ con quelle proprie degli strumenti di copertura finanziaria degli investimenti non ‘a posteriori’ cioè ad impianto finito e funzionante, quando lo sforzo finanziario è già completato e l’imprenditore può solo ‘recuperare’ risorse utili solo al conto economico di esercizio.
Un investimento nel biometano per un nuovo impianto richiede impieghi compresi tra i 10 e i 20 milioni di euro, e risente ancora oggi, dopo tre anni di normativa incentivante, di ostacoli come quelli dovuti all’impreparazione delle banche, che mostrano difficoltà nel valutare i rischi connessi al ritorno dei prestiti.
Utilizzando le ingenti risorse del PNRR, il prestito va erogato dallo Stato, che, come già succede per alcune normative, può non richiedere garanzie reali, liberando beni destinati eventualmente ad essere forniti in garanzia alle banche per un prestito integrativo di più modesto importo. Il meccanismo è quello ben collaudato del bando “macchinari innovativi”, che prevede un’erogazione del 75% dell’importo dell’investimento, con una quota che può arrivare al 35% a fondo perduto e un piano di ammortamento in 10 anni senza interessi e senza alcuna garanzia.
Questo strumento ha già mostrato la sua efficacia nei tre bandi pubblicati nel corso degli ultimi anni per il sud Italia e le risorse disponibili sono state ampiamente spese. La compartecipazione da parte dell’imprenditore del 25% dell’investimento potrebbe anche essere coperta in parte da una banca con un prestito garantito di breve rientro se si considerano i tempi di ritorno di un investimento nel biometano.
Si tratterebbe di estendere il meccanismo vincente di questo regime di aiuto all’intero territorio italiano, anche limitandone eventualmente l’accesso ai soli investimenti con requisiti 4.0.
Le erogazioni della quota pubblica (75 per cento) del nuovo strumento (Bonus biometano) potrebbero avvenire in soli 45 giorni a semplice presentazione di fatture non quietanzate e al contestuale versamento su un conto corrente vincolato della quota privata (25 per cento). In questo modo l’imprenditore avrebbe un flusso di cassa che gli consentirebbe di realizzare l’impianto immettendo nell’iniziativa le proprie risorse finanziarie (o quelle della banca) in maniera graduale e proporzionale agli stati di avanzamento dell’investimento.
Il nuovo Bonus biometano sarebbe facilmente riconosciuto come regime di aiuto in esenzione ai sensi del Regolamento GBER, in quanto i massimali rientrerebbero in quelli stabiliti dallo stesso.
Investire nel biometano con il Bonus biometano sarebbe semplice, gli investimenti si moltiplicherebbero e gli obiettivi di decarbonizzazione sarebbero facilmente raggiunti in pochi anni.
Il bonus biometano troverebbe facile applicazione anche per gli impianti biogas agricoli esistenti, con una semplice modifica normativa, finalizzata ad accelerare il passaggio, oggi assai lento, da biogas a biometano, utilizzando ad esempio una ‘buona uscita’ dall’elettrico all’imprenditore agricolo.
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