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Fonti di finanziamento per le PMI, come creare un ecosistema per rilanciare gli investimenti
Le PMI costituiscono l’elemento chiave del tessuto economico italiano, occupando un posto di rilievo assoluto in termini sia di occupazione sia di valore aggiunto generato. L’Italia è il Paese europeo dal tessuto imprenditoriale più ricco con circa 4,4 milioni di imprese. Il 99,9% delle imprese italiane è costituito da PMI (aziende con un fatturato inferiore a €50 milioni e un numero di dipendenti minore di 250). Queste ultime contribuiscono a quasi il 70% del valore aggiunto generato e danno lavoro a circa l’80% degli oltre 15 milioni di addetti al settore privato, rendendo inoltre l’Italia leader mondiale in 240 segmenti di mercato.
Concentrandosi sulle imprese che sono PMI secondo la definizione della UE, ovvero che presentano un fatturato fra €2 milioni ed €50 milioni e un numero di addetti fra i 10 e i 250, esse costituiscono il cuore del nostro sistema industriale, con significativi livelli di produttività e marginalità. Il valore aggiunto per addetto è pari a circa €51mila, superiore rispetto alla media europea di €43,5mila. Le PMI, superata la crisi, hanno ricominciato a crescere a ritmi superiori al 3% a partire dal 2014, con un boom registrato nel secondo semestre del 2017. In generale, queste aziende sono l’architrave del nostro export che è cresciuto anche durante gli anni di crisi; Sace, in un recente report, prevede una conferma di tale trend con un tasso medio annuo del 4% fino al 2020, con l’export totale che raggiungerebbe il valore di 489 miliardi di euro, un terzo del Pil italiano.
Il vicolo cieco dei prestiti bancari
Tuttavia, vi sono ancora ritardi sul fronte degli investimenti da parte delle PMI, ritardi particolarmente gravi nell’attuale fase espansiva del ciclo economico. Essi derivano in prevalenza dalla attuale scarsa diversificazione delle fonti di finanziamento, con il preponderante ricorso a prestiti bancari, tuttavia spesso a breve scadenza, che accrescono la vulnerabilità delle imprese in caso di shock negativi e rendono difficoltoso intraprendere percorsi di sviluppo di lungo periodo. Inoltre l’erogazione di prestiti alle imprese ha continuato a calare anche nel 2017, nonostante la ripresa, e peraltro in decisa controtendenza con l’Europa.
requisiti patrimoniali e normative sempre più stringenti renderanno sempre più difficile erogare credito alle PMI
Il dato pubblicato dall’OCSE nel 2017 è particolarmente significativo. Rispetto al 2011, anno in cui i prestiti alle PMI italiane avevano superato €200 miliardi, ad oggi si è registrata una flessione superiore ad €20 miliardi. Peraltro, i crediti alle PMI presentano tassi di sofferenza inferiori rispetto a quelli delle cosiddette “grandi imprese”. Tuttavia il credit crunch non è responsabilità delle banche, in quanto gli istituti sono e saranno soggetti a requisiti patrimoniali e normative sempre più stringenti che renderanno sempre più complessa ed anti-economica l’erogazione del credito soprattutto alle PMI.
E’ pertanto sempre più necessario ed impellente individuare fonti alternative di finanziamento per le nostre imprese. Dovrà essere creato un ecosistema che da un lato faciliti per le imprese meritevoli l’accesso a una pluralità di strumenti di debito, dall’altro agevoli, soprattutto attraverso gli investitori istituzionali, la canalizzazione del risparmio privato nell’economia reale.
Governo e Parlamento, soprattutto a partire dal 2014, hanno introdotto importanti novità che vanno in questa direzione, sia sul lato della domanda sia sul lato dell’offerta. Alcuni esempi: (i) introduzione dei PIR che hanno raccolto a oggi circa €10 miliardi di cui tuttavia solo il 3% ha effettivamente raggiunto l’economia reale – tuttavia siamo solo all’inizio del percorso e lo strumento acquisirà in futuro un ruolo di sempre maggior rilievo; (ii) importanti incentivi fiscali per gli enti previdenziali che investano in strumenti finanziari rivolti all’economia reale, secondo la definizione del T.U.F. e, pertanto, purtroppo, con l’esclusione dei prestiti diretti alle imprese; (iii) Nuova Legge Sabatini; (iv) riforma del Fondo di Garanzia per le PMI; e (v) Piano Nazionale Industria 4.0, vero fulgido esempio di politica industriale.
Occorre una finanza di impresa in grado di canalizzare il risparmio privato nell’economia reale
Cosa si potrebbe fare per rafforzare ulteriormente la canalizzazione del risparmio privato nell’economia reale nonché favorire l’accesso al credito da parte delle imprese? Queste ultime infatti, al netto della cassa generata organicamente, in generale si finanziano per oltre il 90% attraverso prestiti diretti e, pertanto, questi ultimi potrebbero rappresentare il principale strumento di investimento del risparmio privato nell’economia reale.
Gli interventi possibili
Alcuni possibili interventi: (i) rendere anche i prestiti diretti alle imprese PIR- compliant; (ii) estendere le agevolazioni fiscali per gli enti previdenziali agli investimenti in prestiti diretti alle imprese, anche tramite la sottoscrizione di quote di fondi specializzati – ciò renderebbe assai più agevole gli investimenti degli enti stessi nell’economia reale (ad oggi, ad esempio, come evidenziato nel rapporto 2017 di Assofondipensione, gli investimenti in economia reale costituiscono una percentuale assolutamente limitata, lo 0,3%, del patrimonio dei 32 principali fondi pensione); e (iii) introdurre misure analoghe al «Bank Referral Scheme», una recente iniziativa adottata nel Regno Unito, che obbliga le banche che non concedono finanziamenti alle PMI a segnalare l’azienda, ed i dati necessari alla valutazione del suo credit merit, a piattaforme di credito alternativo, proprio al fine di dare una seconda chance alle imprese. A riprova dell’efficacia di tale provvedimento, nel terzo trimestre del 2017, per la prima volta nella storia, l’erogato netto alle PMI da parte delle suddette piattaforme ha addirittura superato l’erogato netto da parte delle banche tradizionali.
Emerge pertanto la necessità di consolidare, con urgenza, il percorso intrapreso in questi ultimi anni al fine di agevolare la canalizzazione del risparmio verso l’economia reale nonché di rilanciare gli investimenti delle imprese italiane. Si rende necessario un patto strategico che coinvolga le istituzioni, centrali e locali, gli investitori e le imprese. Solo in questo modo si potrà supportare l’economia italiana che attraversa una fase di cambiamento epocale sia per quanto riguarda l’evoluzione delle logiche industriali in linea con la cosiddetta “Quarta Rivoluzione”, sia per quanto concerne i prodotti finanziari necessari per supportare lo sviluppo delle imprese.
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